Una pietra deposta a memoria, un pugno di
terra, un tributo d ocra, la cura della
compostezza di due mani giunte, il lascito di
un fiore, la pietà di un adagiamento fetale:
questi e non altri sono i reperti della
paleoantropicità, e anzi questi il nulla della
deissi sua.
[...]
Pertanto, l'identità dell Alterità che qui si
ex-cute, l'incontraddittorietà della
Contraddizione parimenti, non può apparire
se non giacché questo stesso teleologico
procedere (Geschichte)
dell Alterità verso
l'escate puntualità del sé originariamente
promessosi quale il Sé-pro-mettentesi,
verso ebbene l'ultima o completa conquista
dell affermazione prima e autoprincipiativa
del sé Processo-di-conquista-del-sé, se
non pertanto in quanto incrementale attribuzione di positività o
incontrovertibilità alla pro-posizione o affermazione
che appella l'Originario all'ex-sistenza in
quanto Pro-posizionalità, Negazione, Contraddizione, se non
ebbene quale progressivo suo
conferire o imprimere il carattere di
Verità, Atto, Essere e a punto Identità alla
deissi del contenuto della propria verità
prima, del proprio autoattuativo atto, della
propria esistenza primiera o precisamente
di essa sempre sua identità archea.
[...]
Se l'identità di qualcosa si dimostrata
essere determinata dalla relazione tra contenuto del sé e
pertenimento presso sé di
tale inseità, ecco che ciascuna individua
medesimezza, se astratta dall'orizzonte
della Non-identità-in-sé (e dal suo processo)
e lasciata alla presa dell'Identità-in-sé (e
della sua stasi), ciascuna determinata
medesimezza e certamente la stessa seconda
Identità-in-sé, si ora palesa consegnarsi
all'immobile permanenza presso la propria
vuota tautologia, all'eterno altresì suo riverbero od
oscillazione improgrediente
dell'insé entro e attorno al punto didimo o
dipartito del sé: funzione ossia dell in-sé-
Identità, funzione ovvero extrin-secazione del
suo contenuto identitario, si dimostra
pertanto essere esclusivamente il pertenimento presso sé del
qualcosa, il che
cosa del qualcosa-che-è-sé o contenuto distintivo dell identità
dimostrandosi invece
ancora una volta essere determinato autenticamente o
negativamente dal processo di
coerentizzazione del sé dell in-sé-Dif-ferenziantesi, dal
(moltiplicativo/differenziativo) progresso
suo epperò di impressione d incontraddittorietà identitaria o
extro-flessione
dall'in-sé di tutta la solo propria contraddittorietà, ebbene di
tutta la coerentizzazione o incontraddittorietà
possibile, parimenti di ogni possibile
attuazione o posizione distinta di coerenza
identitaria. Infine, la stessa permanenza
perpetuamente endoriflessiva dell insé
presso il punto uni-duale del sé, si dimostra
ulteriormente essere impossibile da conseguire per ciascuna
posizionalità particolare
senza l'originario conseguimento - proleptico-ipotetico - del
punto tautologico
del sé della Non-identità, Differenza inseitale o medesimezza
prima la cui funzione o
extrin-secazione del proprio contenuto
identitario altro non appare pertanto essere
se non processo di conferimento autentico o
contraddistintivo di ogni contenuto
identitario o distintivo attraverso il processo di conferimento
(= di conquista)
d'incontraddistintività al sè del proprio
pre-suppositivo contenuto identitario (=
inseità) di Contraddistintività e
Negazione-di-ogni-identità, di Alterità-da-ogni-medesimezza e
Pre-sub-positività-in-sé.
[...]
Ecco dunque che avvenendo lungo il procedersi dell’Originario, le
realtà distinte
- cioè i frantumi della deuteriorità
- prendono via via posizione entro la plurivocità categoriale
e
dell'Essere e dell'Identità,
cioè entro il loro co-aderire alla
Deuteriorità [...], ma proprio poiché
essa stessa ipostasi seconda o extrin-seca
della contraddittorietà dell'Originario entro
cui le realtà distinte (Tà pánta)
trovano dimora, a sua volta trova dimora a
punto entro la negatività (partecipazione
negativa) dell'insé e positivo e coerente in quanto Non-essere o Alterità, ogni
realtà distinta o precisamente, e d'ora innanzi con fondamento,
ogni sinolarità onto-tautotetica, e partecipano -
positivamente - e
dell'Essere, e dell'Identità,
per cui e sono,
e sono se stesse,
e partecipano -
negativamente - della positività
dell'in-sé Negazione (cioè di questa stessa
positività autentica, che si è dimostrata
divenire contenuto dell'inseità deuteriore,
alla cui plurivocità ogni dipartizione o
individuazione ulteriore afferisce per ciò
detto con positività), per cui e
non sono l'Essere-in-sé, e
non sono l'Identità-in-sé, e
non sono alcuna altra sin-olarità
onto-tautotetica o inseità distinta.
[...]
Pertanto, il toglimento o ad-nullamento della
contraddizione entro Sé, altro anzitutto non rappresenta
se non una particolarità
(Vestigium) del processo di incrementale sussunzione
entro la
Contraddizione in se stessa di tutta la
contraddizione presente oltre essa
Contraddizione prima o transcendentale,
questa particolarità ossia del progressivo empimento di
vacuità o nullità
dell'affermatività di C
(Kénosis), ovvero, a-un-medesimo-tempo in processione contraria, questa
particolarità del progressivo empimento di
posizionalità o affermatività della
Negatività di C (Oíkisis).
Tale orizzonte estremo di completezza di
C certamente rappresenta pertanto la
totalità della Mediazione, ebbene l'estroflessione o istituzione
di ogni punto o
posizione relazionale, di ogni distintività onto-tautotetica
altresì: la
Medialità-in-se-stessa infatti non in altro
può trovare compimento se non nel
massimamente mediare o corelare, ebbene nel
mediare o corelare ogni cosa con ogni
cosa. In quanto dunque il grado
massimo o totalità del mediare coimplica
l'affermazione di ogni punto o posizione relazionale, cioè
e, anzitutto,
della distintività onto-tautotetica
C, e, deuteriormente,
della distintività onto-tautotetica
S (totalità [a-concreta]
dell'immediato), e,
ulteriormente, secondo l'ordine del
tempo, di ogni distintività
onto-tautotetica (cioè della stessa concretezza di S),
la totalità dell'Immediato, ossia la Totalità-in-se-stessa o
l'inseitale Immediatezza, cioè ancora e del
pari la posizione dell'Eterno, dell Essere,
dell'Incontraddittorietà e della Pienezza
(quindi già egualmente di S), altro
non è se non la posizione o realizzazione
deuteriore o esterna della contraddizione di C
- l'originaria o
immanente contrad-dizione di C
altro non essendo se non la stessa autoposizione od omo-realizzazione di sé in quanto
C, cioè C stessa -, altro epperò
egualmente non è se non la posizione o
realizzazione deuteriore o esterna proprio di
C medesima, ebbene la sua vestigia
seconda.
[...]
Il Cielo, radicato alla Terra, lotta per
oltre-protendersi contro l'allignamento
della Terra. La Terra, compresa nell'omni-avvolgimento del Cielo, lotta per restare
contro il trans-volgimento del Cielo. Gli Im-mortali, de-stinati alla Mortalità, lottano
per essere al-di-là della
partizione della Mortalità. I Mortali, determinati all'Im-mortalità, lottano per
essere-sé al-di-qua dell'im-partibilità dell'Im-mortalità. I mortali,
scrutando il Cielo, sostengono l'essere-stato
del lottante contro il Cielo. Gli Im-mortali,
calcando la Terra, riassumono l'essere-venturo del lottante
contro la Terra
[ ]. Nella decisione che destina a determinazione
incontrovertibile, l'Uomo acquista l'irripetibile distintività
del se
stesso e del solo proprio solco identitario:
se vi fosse il Divino, esso dominio non
potrebbe sotto-articolarsi in
Pantheon; se l'Eterno si desse nel
modo d essere dell'atto, non a essa stessa
dimensione imperitura potrebbe contrapporsi il perituro; se
l'Infinito comparisse
giacché presenzialità, non alcuna
individualità - mortale o immortale - conseguirebbe presenza e
posizione. Nella decisione che aderge la Perpetuità omni-sovrastante, l'uomo conferisce lontananza e remotezza al proprio sguardo e scaglia
nell'ex-tremo l'Orizzonte del suo poter-essere
ancora, altrimenti, ulteriormente: se non vi
fosse trascendenza rispetto alla caducità,
non vi sarebbe processione, direzione,
senso, ad-venire, compimento e conquista.
Imprimendo il sé nella Terra e scrutando il
punto di fuoco ultimo del Cielo (Ouran Éschatos), l'Uomo dimora saldo e atremido nella solo sua
coincentrativa autenticità. Mortali-Immotali, Chthoníē–Ólympos, si co-ad-partengono e co-implicano, perennemente
antagonisti insistendo nell'im-morsatura dell'Uno auto-di-lacerantesi ove solo inquieta l'essenza e
polemica dell'Umano riposa e giace
[ ].
Nell'accogliere il Cielo che preserba la
Terra-del-Cielo, nell'attendere la mortalità
che conduce all'immortalità-del-mortale,
avviene l'abitare autentico presso la Pro-abitazione come in-centro della Quadratura,
l'autentica custodia ossia della solo sua
impartecipabile
essenza d'Ulteriorità-in-sé, nella co-essenziale ripresa che ne
ri-presenzia, del
suo non-essere di Non-essere-ancora, tutto l'essere-stato.