«Un mondo plurimillenario al tramonto, l'arida ombra e l'adunca della reificazione nichilista tutt'intorno avanza ogni avita fioritura viepiù insterilendo col circonfondersi del proprio tocco nullificante, un'ombra di senescenza e nondimeno sì d'ansito avanguardista e modernolatria catafratta e paludata da recidere col proprio invitto incedere e altero ogni innocenza in antico sboccio di già hegeliana memoria, un'oscurità, potremmo noi postmoderni intensificare, tanto omnipervasiva e sussiegosa nella propria pretesa di assolutezza e suprematismo assiologico, eudemonismo postulato universalistico e metastorico, eleuteromania ed emancipazionismo crociato, da non lasciare adito d'evasione e d'eccezione posizionale alcuno, né nello spazio (globalizzazione), né nel tempo (cancel culture): ipotizzando che questa fosse la Befindlichkeit percepita e vissuta, con Sombart, da buona parte dell'intellettualità e dell'intrepida gioventù germanica del tempo, si può davvero con leggiadra liceità parlare d'immotivata aggressione imperialista prussiana?».
Werner Sombart, Mercanti ed Eroi
«Non ci sentiamo di commiatare lo Jünger analista del nichilismo senza un'ulteriore redenzione, derivantegli proprio dall'inquadrarne la posizione di contrapposizione entro l'orizzonte dell'Eroe: se il mondo si fa metropoli cosmopolita, l'Held non può che passare alla boscaglia primordiale, se l'esistenza si fonda sull'oltranzistica ricerca di assicurazione dell'esistenza stessa, l'Hêrôs Theos non può se non bramare le brune Chere della Morte come splendida chiarità di Sole, se il valore dell'Uomo è trascinato nella polvere, l'Übermensch con necessità si eleva al cielo dell'oltre-umano. Se, pertanto, l'Eroe è riscattato nel persistere lungo la direzione del vettore di lotta, preferiamo imputare alla callidità precordiale e alla politropia prototipica del suo Avversario, l'errore del verso vettoriale scelto».
Ernst Jünger – Martin Heidegger, Oltre la Linea
«La “struttura tetico-ponente” del valore, infatti, implica la continua intensificazione della valenza di ciò che è posto valente, la costante volontà ossia di espansione della propria giurisdizione di validità: precisamente per questa “natura imperialista” del valore, il pensare assiologico rappresenta la premessa all'invalersi politico e culturale della peggiore delle tirannidi, dell'estrema giacché della più coerente a sé, in quanto, in essa, l'escluso dal perimetro della valenza, l'estromesso ossia dal contenuto di questa posizione particolare che ha per punto di preda entelechiale il Tutto del valore, l'òlon della positività, non trovando ricetto posizionale alcuno, neppure presso le più remote appendici dell'essere e dell'eterodossia, non può che declinare nell'annichilimento e nell'Atlantico».
Carl Schmitt, La tirannia dei valori