Orizzonte Altro
Argomenti
Creonte-Antigone,
Atene-Socrate,
Massachusetts-Thoreau
Paradigmi della relazione Nomos-Ethos a confronto. Della contraddizione ovvero dell'impossibilità della disobbedienza civile al Tempo e contro l'Orizzonte della Disobbedienza Civile

21 Febbraio 2021
Da: Alberto Iannelli, Annali della Pandemia, Orizzonte Altro, 2022, pp. 101 - 113.
Lettura integrale     ➤➤➤➤➤
Mai come nell’orizzonte aperto dall’evento pandemico e dalla sua corresponsione politica, si è dato dibattito, anche giuridico, circa il fondamento del potere statuale, lo stato di ex-cezione, il rapporto tra legalità e legittimità, legge e coscienza, polis e cittadino, pubblico e privato, collettivo e individuale.

Poiché noi consideriamo il rovesciamo di questa relazione, la sua sovversione ovvero rispetto al millenario modo proprio di darsi ante tale evento cesurale rivoluzionario, una delle figurazioni che con-rispondono alla con-figurazione ontologica dell’Originario nel Tempo del Moderno, non possiamo non ulteriormente tornare sull’argomento, per ancora e meglio sistematizzarlo, almeno in intenzione.

Possiamo affermare anzitutto tripartizione nella disposizione lineare di un segmento che con-rela poli ob-posti:

  1. Il segmento A-B dimora completamente nel punto A, tanto che B non può avere posizione alcuna se non la posizione dell’immediata negazione del sé: il suo essere coincide col suo essere-assolutamente-negata-da-A, ovvero col suo non-essere. Il segmento A-B non è, ovvero coincide col punto a-dimensionale A.
  1. Il segmento A-B apre variamente disequazione del punto mediano, risultante della conflittualità antipoidea, ma né A né B possono mai raggiungere la posizione 0, tale per cui il segmento A-B coincide o col punto A, o col punto B, annullandosi come segmento e divenendo precisamente puntualità.
  1. Il segmento A-B dimora completamente nel punto B: A è nulla.

È logicamente autoevidente, in ultimo, che non può mai darsi la condizione in cui A e B coincidano, pena l’annullamento della loro differenza, ovvero pena l’annullamento dell’identità di entrambi, dell’identità epperò dell’esistenza loro (nell’ipotesi 1 e 3, infatti, non si dà affatto coincidenza di A e B, bensì l’assoluto loro aut aut: A è e B non è, e viceversa).

Nella storia, certamente, non mai si danno modelli logico-geometrici puri, non mai ossia si danno, stando all’antitesi qui in esame (A = Legge; B = Coscienza), Orizzonti in cui la Legge annulla con assolutezza la coscienza individuale (non foss’altro poiché la Legge è sempre promulgata e resa esecutiva da coscienze individuali, e l’Uomo, senza [auto-]coscienza, semplicemente non è, per definizione), né Orizzonti contrari (poiché, anche in uno stato di anarchia per-fetta, pur l’a-nomia dovrebbe imprimere allo stare del sé il carattere del nomos, altrimenti, se fosse posta contingentemente, sarebbe già aperta alla possibilità che una qualche legge sopraggiunga e la s-posti dalla posizione del sé: l’anarchia per-fetta, ovvero la compiuta assenza di legge, deve escludere con necessità, ebbene con legge, ogni possibilità che vi sia legge alcuna).

Ecco che, nella Storia, ripetiamo, ci troviamo sempre nella condizione 2, ossia nella condizione sin-tetica o dia-lettica.

Ciò che cambia, dunque, è esattamente la quantificazione della suddetta dia-lacerazione tra le qualità A e la qualità B, ovvero quanta porzione segmentale A e B riescono a portare dalla propria parte rispetto al punto mediano, quanto ovvero riescono a sbilanciare, erodendo la giurisdizione dell’altro, il fulcro della relazione, ad-traendolo verso la posizione del sé.

Possiamo a questo punto estrarre un’ulteriore tripartizione archetipica entro la condizione 2 o sintetica:

  1. Creonte-Antigone
  2. Atene-Socrate
  3. Massachusetts-Henry David Thoreau
Proviamo ora a riempire di senso e concretezza questi tre idealtipi:

A) Creonte-Antigone

L’apollinea e “maschia” ragion di Stato soverchia con l’assolutezza della Forma perfetta ogni magmatica e pulsionale posizione contraria, dalla posizione della “ragione del cuore muliebre”, alla posizione della primazialità del sangue o della stirpe sullo Stato e sull’astrattezza del proprio fondamento nomotetico, dalla pietà per i morti, alla pietas erga deos manes.

<< Non c'è strumento a decifrare un uomo, il suo profondo io, sentimenti, ideali, se non l'illumina - pietra di confronto - fatica di comando e legge […]. Io poi non ho fiducia in chi, chiunque sia, dà maggior peso ai suoi che alla sua stessa patria. Guardate me. Su Zeus, occhio cosmico, perenne, giuro: non tacerei vedendo Perdizione che attacca i cittadini, invece di salvezza. E un uomo, fosse sangue mio, ma pieno d'odio per lo Stato, non lo vorrei con me. Sono convinto! Stato significa sicuro porto; se naviga diritto noi, gente imbarcata, sentiamo d'appartenerci tra di noi, solidali. Con queste regole farò grande Tebe, io […]. Veniamo ad oggi. Ho fatto gridare ai cittadini un ordine sui figli d'Edipo, che ben s'accoppia alle regole che ho detto. Eteocle s'è battuto per la sua comunità, e cadde. Eroe, con la lancia. Va avvolto di terra. Gli toccano chiare bevande, che filtrano giù, agli altissimi morti. L'altro - identico sangue, di Polinice, parlo - era reduce esule, ebbe slancio d'incenerire alle radici terra madre, Potenze della stirpe. Si slanciò goloso su sangue uguale, volle la sua gente serva. Per quest'uomo echeggia in Tebe la proibizione: non chiuderlo in fossa, niente ululi a lutto, relitto senza fossa, carne offerta cruda a uccelli, e cani. Vista oscena. Ecco il mio principio: nessun vantaggio di favore, mai, da me, dei pessimi sui retti cittadini. Chi darà tutto per questa città nostra, caduto o vivo, senza distinzione, avrà da me sicuro premio […]. Se covo creature sregolate in casa mia, chissà fuori. Chi fra le quattro mura è vero uomo, anche nello Stato fa, limpidamente, il suo dovere. E questo stampo d'uomo - col fondo di me stesso credo - sa essere luminoso capo, e sa accettare i capi: esposto a raffiche di lancia ti si blocca a fianco, baluardo retto, degno. Ma c'è anche l'arrogante pazzo: spezza leggi, medita attentati all'autorità. Escludo che strappi consensi da me. A chi lo Stato innalza, docilità si deve: nelle minori, nelle diritte, e nelle opposte cose. Del non governo non c'è peggiore male. Sbriciola Stati, spopola case. Schianta, spazza via lance nello scontro. Nei vittoriosi, fedeltà ai comandi salva molte vite. Chiudo: urge sostenere l'ordine vigente, non arretrare davanti a donna, mai. Preferisco, se devo, crollare sotto pugno maschio, e non sentirmi dire che m'arrendo a donne >>.

[Sofocle, Antigone]


B) Atene-Socrate

La Legge non è legittima di per se stessa, ovvero immediatamente legittimata da se stessa per il semplice fatto di esistere, ma è la coscienza dell’uomo che le pre-attribuisce pre-minenza rispetto alla stessa sua propria pre-attributiva coscienza particolare e soggettiva. Ecco che, in caso di conflitto tra Legge (empirica, particolare) e Coscienza, la coscienza riconosce sì l’autorità della Legge (ideale, categoriale), sottomettendosi ad essa, ma, essendo essa stessa a pre-riconoscere la Legge e la sua autorità come sovraordinata al sé, riconquista immediatamente centralità e preminenza nell’atto stesso in cui de-cide sottomissione.

<< Sulla base di quanto abbiamo ammesso, esaminiamo ora se sia giusto o ingiusto che io cerchi di evadere senza il consenso degli Ateniesi […]. Ma noi atteniamoci al nostro ragionamento e chiediamoci solo se, come abbiamo appena detto, spendendo denaro e riconoscenza con questi che mi porteranno fuori di qui faremo cosa giusta, fra te che vuoi tirarmi fuori e me che acconsento: o se, in realtà, con tutto ciò, commetteremo un'ingiustizia. E se ci apparirà chiaro che di un'azione ingiusta si tratta, cerchiamo di non preoccuparci di dover morire o di subire qualsiasi altra pena (e restiamo con tranquillità al nostro posto), dandoci pensiero, piuttosto, di non commettere un'ingiustizia >>.

[Platone, Critone]


C) Massachusetts-Henry David Thoreau

La legge non è legittima di per se stessa, ovvero immediatamente legittimata da se stessa per il semplice fatto di esistere, ma ha valore (epperò vigenza, esecutività) sono e finché non osta alla mia felicità individuale, solo e fintantoché non mi lede, disturba, infastidisce e inibisce. Ecco che, in caso di conflitto tra Legge e Coscienza, la Coscienza individuale de-cide di volta e in volta (symbebekòs) se sia liceo o no rispettarne il dettato accidentale, liceo ovvero conveniente.

Rimarrebbe nonpertanto da definire, all’interno di questo paradigma, posto che sia il soggetto individuale a decidere se obbedire o meno alla Legge, quale criterio e quali istanze debbano in qualche modo governarlo e orientarlo nelle sue proprie decisioni: dalla felicità (eudemonismo), al piacere (edonismo), all’utile (utilitarismo), alla virtù (moralismo), sino a una variamente armonica o discrasica combinazione di queste pose esistenziali; nonché, all’interno di esse, quale assiologia od orizzonte valoriale debba vigere sicché perimetrarle, ebbene già orientarle, se perlomeno un orizzonte teleotropico condiviso riteniamo vi debba essere (e non il semplice solipsismo contingente e capriccioso del singolo, mutevole anche rispetto a se stesso e alla propria decisione di un attimo antecedente l’attuale), giacché non si dà apparentemente concordia collettiva su che cosa sia, in-sé o universalmente, l’utile, il virtuoso o il comportante felicità e piacere.

<< Il migliore dei governi è quello che non governa affatto, e quando gli uomini saranno pronti, sarà questo il tipo di governo che avranno […]. Penso che dovremmo essere uomini prima di essere sudditi. Non è da augurarsi che l'uomo coltivi il rispetto per le leggi ma piuttosto che rispetti ciò che è giusto […]. Non mi interessa seguire il percorso del mio dollaro, ammesso che sia possibile, fino a che questo non compri un uomo o un moschetto con cui sparare a qualcuno – il dollaro è innocente – ma mi preoccupo di seguire gli effetti della mia obbedienza […]. La legge non ha mai reso gli uomini più giusti, neppure di poco; anzi, a causa del rispetto della legge, perfino le persone oneste sono quotidianamente trasformate in agenti dell'ingiustizia >>.

[Henry David Thoreau, Disobbedienza civile]


Ciò sistematizzato, appare parimenti immediatamente autoevidente come la collocazione del punto mediano di relazione tra gli estremi, come, ovvero, la quantificazione della soverchieria di A su C e viceversa, decida già della qualità o identità dell’intorno sociale: possiamo, per semplicità, definire autocrazia (e tirannide, allorquando, aristotelicamente, codesta forma istituzionale degenera), il vettore che punta ad A; democrazia liberale (e oclocrazia anarcoide, quale sua versione corrotta), il vettore che punta a C.

Nell’orizzonte concettuale aperto da ΔΙΆ (2020), appare come necessaria, stante il contenuto della decisione autoctica originaria, dis-posta ovvero la teleologia dell’enantiodromico Sentiero del Giorno o dis-volgimento apofatico delle con-figurazioni di contraddittorietà del Ni-ente nel Tempo dell’Essere, la decisione della Modernità per la vettorialità che punta a C.

Ciò che, nell’oggi, permane dunque al pensiero da disvolgere è il tentativo di collocazione della configurazione sociale dischiuda dalla sintesi a vettore C nella corresponsione all’evento pandemico.

Abbiamo già elevato con dovizia datuale come la coimpicazione di liberalismo politico, capitalismo economico e consumismo-edonistico antropologico abbia dimostrato il peggior rating di efficacia ed efficienza nella gestione e nella corresponsione dell’evento (Gemeinschaft Vs Gesellschaft. Hegel Vs Stuart Mill, pp. 57 - 73).

Quello che dunque ci resta da ulteriormente analizzare è la quantificazione del coinvolgimento – in actu exercito – del medesimo antagonismo – in actu signato – all’Orizzonte dell’Oggi, entro l’Orizzonte dell’Oggi; ciò che ovvero ci resta da considerare ancora è il grado di contraddizione intrinseca, per immanenza rispetto a ciò che si dichiara voler trascendere, che investe ogni antagonismo che si oppone alla configurazione del potere vigente intensificando i fondamenti di essa stessa con-figurazione.

Quanto, ovvero, per tornare alla dialettica qui centrale, l’opposizione che si oppone al Potere del nostro Tempo attraverso l’intensificazione del vettore C, autenticamente vi si opponga, e quanto invece, al contrario, lo incrementi e accresca, corrobori e fortifichi.

Proviamo pertanto a ostendere alcuni esempi concreti tratti dall’evenemenzialità cronachistica italiana recente.

È il 29 giugno 2019 e, dopo alcuni giorni in mare a seguito del divieto di ingresso in acque territoriali italiane, decretato dall’allora Ministro dell’interno Matteo Salvini, la cittadina tedesca Carola Rackete, in nome delle antigonee ragioni del cuore, dell’umanità che non rispetta confini né norme giuridiche rispondendo a esigenze e istanze universali e superiori, decide di forzare fisicamente il blocco navale – cioè il Limes statale, il Nomos di Creonte – per entrare con la Sea Watch nel porto di Lampedusa, insieme ad alcuni migranti naufraghi recuperati giorni prima nel Mediterraneo centrale, decide ossia di compiere dis-obbedienza civile (vettore C).

Possiamo sintetizzare, certo non senza lo schematismo di una stilizzazione manichea politica, in questo modo: istanze e valori di “sinistra” (ma, diremmo, più propriamente, liberal-progressisti) hanno violato una legge che tutelava istanze e valori di “destra” (ma, diremmo, più propriamente, liberal-conservatori: difesa dei confini, sovranità nazionale, preservazione della tradizione entro un orizzonte culturale identitario).

Ma il fondamento della Storia, nostro Destino comune, è il suo continuo, e nondimeno linear-teleologico, volgersi e rivolgersi vichiano.

Ecco dunque che, nell’evento pandemico, istanze e valori di “destra” (fatturato privato e libero esercizio del diritto di impresa, anzitutto) vengo ora egualmente predicati come antigonee ragioni superiori rispetto alla Legge che prescrive divieti in nome di istanze e valori adesso, supposti, di “sinistra”: la tutela del debole e della sua salute.

Ecco allora invocare l’illegittimità di una decisione presa in stato di eccezione, ecco allora costituzionalisti “di destra” evocare il vulnus giuridico secondo il quale non può essere soppresso un diritto costituzionalmente sancito, in nome di una vacatio legis dettata a punto da ex-cezione (liceità d’ex-cepimento invece sancita dai costituzionalisti o giuristi “di sinistra” nel caso Rachete [“Il 17 gennaio scorso la Corte di Cassazione ha definito legittima la scarcerazione, operata dal Gip di Agrigento Alessandra Vella, il 2 luglio 2019”], e avversata dai medesimi giuristi conservatori ora invocanti l’illiceità della vacatio), ecco allora Masanielli di tutto il mondo (occidentale) uniti nell’esortare alla “disobbedienza civile”.

Non è di nostro interesse elevare qui le contraddizioni per opportunismo politico e partitico, non è di nostro interesse ovvero qui sottolineare quanto il cluster elettorale di riferimento (e i propri interessi pratici e concreti di parte, anzitutto, nonché ideologici: la piccola-media borghesia imprenditoriale-commerciale posta sotto accatto dai provvedimenti restrittivi antiluetici) spesso orienti le decisioni e le prese di posizione pubbliche dei politici e dei militanti, e non è di nostro interesse poiché la politica (con la “p” minuscola, la politica ossia della battaglia quotidiana e partigiana per il consenso e l’interesse [di grandi e individualmente determinati lobbisti, quanto di lobbies “confederate”, costituite cioè da pluralità di soggetti accomunati dal medesimo interesse]) è il dominio del pragmatismo, non dell’etica (e tanto meno della dia-noetica), e noi qui compiamo considerazioni filosofiche, non politiche.

È invece di nostro interesse l’ulteriore constatazione di quanto l’Orizzonte dischiuso dalla linea vincente del Moderno, l’Orizzonte del vettore C nella dialettica Comunità-Individuo, Nomos-Ethos, sia “pasolinianamente” compenetrato e completamente ormai anche nella cultura (qui sub specie iuris) e nella sottocultura delle forze che, con parole e atti perciò stesso contraddittori, lo avversano, non altro epperò così compiendo se non l’intensificazione stessa di ciò contro cui elevano contrarietà, certamente se e allorquando questa avversione e questa volontà di oltre-passamento si danno in intenzione.

Ovvero, qualunque tentativo di superare l’Orizzonte aperto – anche – dalla decisione, nella dialettica A-C, per la “disobbedienza civile”, vettore C che possiamo più disvelativamente definire “Nomo-clastia” del mercante inglese seicentesco, e del mercante in genere (“la gente nova e i subiti guadagni, orgoglio e dis-misura [Misura = Nomos, Limes, Cerchia Antica, Pomerium etc...] han generato”), attraverso l’attuazione della disobbedienza civile contro tale Orizzonte (o contro una parte di esso, una parte o una “maoista” contraddizione secondaria e non portante), non fa evidentemente altro che corroborarlo, rafforzarlo, rinvigorirlo, nella celebre trasmutazione da mezzo a fine che la Tecnica assume nella lezione severiniana: ogni attore si serve di “essa” (mezzo) per superare i propri antagonisti, ma è “essa” a servirsi di tutti gli attori e di tutti gli antagonismi per incrementare se stessa (fine).

Per quanto possa valere, in ultimo, anche illuminati dalla controbilanciante lezione di Tiresia (e Sofocle), noi riteniamo la posizione socratica l’elettiva, la sintetica, la mediale, l’autentica.